Ospedale “Istituto Palazzolo” Torre Boldone
Dopo l’8 settembre , nel piccolo ospedale , le
Suore collaborarono all’occultamento dei partigiani e dei prigionieri (inglesi
e greci) , fornendoli non di rado di indumenti e calzature e inoltrandoli alla
signorina Adriana Locatelli che li scortava alla montagna . Talvolta , per
allontanare i sospetti , le suore li
mandavano con un fascio di legna sulle spalle , privandosi della già scarsa
provvista che avevano in casa. Fornivano latte condensato , vino , pane , e
quant’altro permetteva la scarsezza dei viveri , ai patrioti della montagna ,
consegnandolo alle volte allo stesso capitano Benazzi , l’eroe morto a Dachau,
che veniva a ristorarsi a volte all’ospedale. Dal 20 giugno 1943, al 30 maggio 1944 , diedero
ricetto a nove ebrei di cui, come al solito, diamo i falsi nomi. Amar Dio ,
vecchio colonnello ottuagenario che, insieme ad Ovazza Mario, fu più tardi
accompagnato dalle stesse Suore a Milano, donde poté passare in Svizzera. L’ingegner
Colli , la cui signora trovò rifugio presso l’Ospizio Sacro Cuore dell’Istituto
Palazzolo di Bergamo; Piccini Giuseppe , commerciante napoletano; Tolentini
Oscar, musicista di Trieste; Marchetti Dario, Tironi Vittorio; Sangalli Mario,
Caironi Guido, questi ultimi quattro rispettivamente padre e figli. non potendo i tre giovani fratelli figurare tra i
cronici, la Madre Superiora Suor Anastasia , consenziente il chirurgo, ne
fasciò gli arti, per farli passare fra i malati di chirurgia. Nonostante le precauzioni, qualche delatore fiutò la
preda e la mattina del 30 maggio, dopo circa un anno, i
militi delle Brigate Nere , con il capitano Bolis in testa, irruppero all’impensata
, coi nomi alla mano, nell’ospedale e vi rimasero quattro ore a frugare in
ogni angolo. Questo fu il primo assalto sferrato contro gli istituti religiosi e
il risultato fu tragico: cinque infelici furono arrestati subito e un sesto a
qualche giorno di distanza . All’apparire dei militi, le Suore, atterrite,
cercarono di nascondere tra il frumento quelli che non avevano altro scampo e
spinsero alla fuga altri tre che uscirono sulla strada, per l’aiuto del
cappellano don Tranquillo Dalla Vecchia. I militi però, che avevano ormai
accerchiato l’edificio , li sorpresero a pochi passi e li ricacciarono dentro.
Poiché il sesto ricercato mancava , portarono via come ostaggio il Cappellano e
lo rilasciarono solo dopo la cattura della vittima. si riuscì ad avvertire gli
assenti , perché non tornassero, e ad avvertire la Madre Generale dell’Istituto
Palazzolo, la quale diede l’allarme a Milano e poté evitare ancora tante
altre catture . I fascisti, insieme agli ebrei , portarono via quanto ad essi
apparteneva e il capitano Bolis si permise di frugare nella tasca di Suor
Laurina Gennari, l’assistente della Superiora, perché uno dei catturati aveva
tentato di darle un pacchetto da porre in salvo. La Madre Anastasia Barcella
dovette subire interrogatorio, riprensioni (sic),
minacce e il trasferimento ipso facto. Parve tutto finito, ma il 26
agosto, i soldati repubblicani, per mandato delle truppe tedesche, catturarono
nuovamente il Cappellano. Trattenuto nelle carceri di Sant’Agata in Bergamo,
fino al 19 settembre, poi in quelle di San Vittore a Milano fino al 12 ottobre ,
poté riacquistare la libertà completa solo il 15 dicembre , dopo aver sofferto
lungamente la fame , gli scherni , la privazione quasi totale della Messa e aver
lungamente lavorato, sotto la minaccia del frustino, a scaricare sacchi. Venne
naturalmente ricercata anche Madre Anastasia Barcella che, sotto falso nome , fu
costretta a vagare fino al giorno della liberazione , da una Filiale all’altra
del suo Istituto, ad affrontare viaggi pericolo sotto la raffica dei
bombardamenti, attraverso le file dei repubblicani , suoi persecutori, sotto l’incubo
di un’oscura minaccia di morte , fors’anche di oltraggio.
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